lunedì 13 dicembre 2010

Ristorante Marconi a Sasso Marconi


SASSO MARCONI - Un piatto di rane alla Bernard Loiseau in versione femminile. Ma anche cappesante quasi al naturale, un risotto come un sushi, il polpo che ti vien voglia di mangiare, classici piccione e ossobuco, uno stupendo musetto.

Aurora Mazzucchelli è una scoperta gastronomica dell'instancabile Luigi Cremona. Nei Jeunes Restaurateurs d'Europe, 16/20 dell'Espresso, è senz'altro la cuoca più carina che c'è in Italia. Il fratello Massimo, ottimo sommelier con un gusto tendente ai "naturali" e in particolare per le "triple A".

Il ristorante Marconi era di famiglia, si cucinava il pesce. Poi l'innovazione, all'inizio forse esasperata. Oggi ho trovato una nuova Aurora. La sua creatività mi sembra indirizzata alla pulizia e concentrazione dei sapori della sua cucina italianissima. Queste cappesante con erbe di camomilla ad esempio.

O questo polpo, grigliato e croccante, con un sapore che si staglia dalla solita dolcezza seduta di questo cefalopode. Ridotte, quasi abbandonate, le sferificazioni e alcune trovate innovative che non finivano sempre per migliorare un piatto.
La creatività è al servizio dei sapori. Un percorso alla Mondrian al contrario. Guardate il minimalismo di questi ravioli, con una porosità che si vede oltre a sentirsi sul palato, e un cuore di Parmigiano Reggiano pronto a invadere la bocca insieme a scorza di limone e noce moscata. Una dolcezza che mi ha ricordato l'impasto della crostata della mamma.


E questo risotto. Che polemica con il Maffi. Certo, quello qui sopra è un risotto sui generis. Anzi, intanto è praticamente un riso. E' un riso di Antegnate difficile da mantecare, ma che resta turgido e croccante, me l'aspettavo dalla mano di una donna. Quanto di più distante dal risotto di Philippe Léveillé o da quello agli asparagi del Gambero di Calvisano, dalle sontuose mantecature. Come dire Kate Moss contro Monica Bellucci. Ecco Maffi, io prendo Kate Moss. Questo riso cioè mi ha ricordato il sushi mangiato al mercato del pesce di Tokyo col suo "sashimi" di cappesante, i ricci di mare sodi e iodati, la pescatrice intorno.



Poi c'è l'Emilia della pasta fatta in casa, ci sono i classici come il piccione servito con le sue frattaglie di cuore, fegato e rognone dove alla cottura perfetta non corrispondeva forse una materia prima altrettanto anelante verso l'alto forse più per la frollatura che in sè.
Più sodo anche l'ossobuco, a testimoniare una cottura più viva, più ossigenata e naturale dei talvolta soffocanti sottovuoto, ma anche qui dalla carne ci si aspetterebbe un allungo maggiore di succulenza e persistenza.


C'è però il musetto di Mora romagnola, in questi giorni di primo freddo in cui si ammazza il maiale, accompagnata con una crema di cachi stagionale e resa brillante con dei capperi dolcissimi. Che piatto, gustoso, colto, da gourmet impegnato.

Il tutto con vini dal solo "difetto" di essere tanto giovani da bersi. L'ultimo Trebbiano di Pepe 2008, il Meursault Les Tesson di Pierre Morey del 2005, la cuvée Courtiol 2007 di Clos Fantine, rosso del Faugere di una coppia di francesi che lavorano con lieviti naturali. 

4 commenti:

  1. Che recensione! Gergo tecnico irreprensibile e molto personale, confermo la mia ammirazione (e invidia :-) per il tuo stile!
    Molto interessanti i piatti proposti dalla giovane cuoca, quello che mi incuriosisce maggiormente è il musetto.
    S'andrà anche a Sasso Marconi!

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  2. Che bella esperienza! mi sono segnato il nome per la prossima volta che passo in Italia.

    /Alessandro da Stoccolma

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  3. io pure mi sono segnato il nome dunque devo prendere l'espresso delle 16 e 20 okkk bene vedo degli ottimi antipasti ... per primo e secondo poi che c'era? scommetto che vi siete rimpinzati dopo all'osteria del sor fausto alla cammilluccia
    comunque andrò degusterò e giudicherò...l'assaggio mi appaga più di un post... mi metterò in elegante per far colpo sulla bella chef
    sor aldo la saluto

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