domenica 17 gennaio 2016

Harry's Bar di Firenze. Tutto quelle che avreste voluto sapere e non avete mai osato chiedere


Lo segni sul mio conto. Ma chi lo sente più, chi lo chiede più, chi lo fa più. Era un patto tra gentiluomini, tra il cliente che si fidava su cosa il cameriere avrebbe effettivamente segnato e questi che si fidava del saldo dei conti ai fine anno. Retaggio di una cultura antica che si ritrova nel libro sull'Harry's bar di Firenze in procinto di essere stampato, non senza polemiche. 

Sapevate che all'interno del locale fiorentino esiste una sorta di naturale gerarchia dei posti a sedere o al bancone? Che sotto lo sgabello dove si sedeva sempre Margot Hemingway c'è ancora attaccata un'etichetta di Champagne? E che un noto imprenditore fiorentino si era fatto stampare sul biglietto da visita il recapito del locale dove era reperibile a cena? Bei tempi analogici.

Non posso raccontarvi tutti gli aneddoti del libro di Alessandro Querci, scritto quasi all'inglese (e con traduzione), asciutto, incalzante e documentato, così puntuale che a qualcuno potrebbe andar di traverso l'oliva. Impreziosito dalle foto di Renato Cerisola e prefazione del maestro Zubin Metha che definice l'atmosfera dell'Harry's Bar come "l'indescrivibile sensazione di essere parte della tradizione fiorentina", il libro è quasi pronto. Dopodomani è il compleanno dell'Harry's, chissà... 



Il rogito dal notaio è datato 19 gennaio 1953. Stando così le cose quello di Firenze, benché come si sa all'epoca in via del Parione al posto dell'attuale Barretto, è il terzo Harry's Bar dopo Venezia e Parigi. Come spiega però Querci, quello di Parigi nacque come New York bar nel 1911 citato da Hemingway nel 1926 in Fiesta (e chi non l'ha letto?). 

Ma quello che Querci dimostra è che l'Harry's bar di Firenze è l'unico "per diretta filiazione" di Giuseppe Cipriani. Il Bepi come lo chiamavano i fondatori Sabatini e Mariotti, quando i due andarono a comprare dei bicchieri a Murano, propose loro di chiamarlo Harry's bar e mandò a Firenze anche il suo chef. Ai Cipriani il diritto di replica... 

L'unica critica che si potrebbe muovere al libro è qualche considerazione in più sull'attualità di una cucina sempre francesizzante e sempre ottima, tornata e anzi rimasta di grande attualità e piacere. Ma ci sono le ricette, anche e soprattutto del mitico Martini che Lio Vadorini ha reso mitico (e che mi ammanto di rifare ogni tanto a casa per gli amici). 

Se vi piacciono i racconti dell'"ambra di un tumbler", del "profumo di curry che si confonde a quello di una affascinante lady" come racconta l'avvocato Antonio Bechi, quelli al "bancone confessionale" come lo ha definito Giannino Mercatali e la storia (insieme col gossip) di 60 anni di vera mondanità fiorentina, buona lettura. 




2 commenti:

  1. Non è ancora uscito, ma credo che per la fine di febbraio dovrebbe essere disponibile in distribuzione nei punti RCS.

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