lunedì 27 settembre 2010

Mangiare Reazionario In Umbria

di Giovanni Picuti

PERUGIA - Anche in Umbria gli chef creativi si sono sostituiti (ma non del tutto) alle trattorie. Creativi i piatti, creative le forchette, creativa la forma dei bicchieri, dei tavoli e l’illuminazione all’interno dei locali, che impedisce di distinguere quello che è stato  adagiato, “creativamente”, sul piatto.

Diffidate delle presentazioni minimaliste e degli accostamenti manicomiali. Frequentare certi ristoranti, che dispensano fasulle sensazioni, finto aceto balsamico e abbinano miele e marmellata sui pecorini stagionati dei nostri ultimi pascoli, è una prospettiva gaia quanto può esserlo una visita ad uno ospizio. Ma a tanti piace. Perché la gente si fa piacere quello che va di moda: il Sushi, il Sashimi, le cucine etniche  - e non etiche - le esperienze demenziali.

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1 commento:

  1. Caro Giovanni,

    pubblico volentieri il tuo contributo, perché questo è uno spazio aperto a ospitare le opinioni di tutti. Ma questa volta, come immagini, condivido solo la primissima parte della tua analisi.

    La generalizzazione sui critici gastronomici è... una generalizzazione e come tale riduttiva, anche se troverà terreno fertile in quei consumatori pigri che a tavola ordinano "il pieno" come dal benzinaio e poi sparano sulle cucine troppo nouvelle da capire. E poi mi citi Eurochocolate, Vini nel mondo. Tu quoque?

    Verissimo, invece, il monito sui menu delle enotecucce e dei ristorantucoli che imitano Vissani senza essere Vissani... Meglio le trattorie reazionarie. Penso alla Locanda Rovicciano, a Fiammetta sopra le cantine Lunelli, a Piazza Onofri a Bevagna, al Bartolo o A Priori a Perugia.

    Segnalare che ci sono, senza dire dove... sono, i ristoranti dell'Umbria reazionaria è una sagace tortura. Quello dei commentatori gastronomici, è un lavoro di generosità verso i lettori, anche quelli meno meritevoli.

    Nonostante ciò comprendo bene il tuo raffinato messaggio che un ristorante vero(nelliano) non si trova così per caso aprendo le pagine gialle. Il tuo invito alla ricerca sul territorio, all'ormai non più scontata cucina "della zolla" che pure mi trova entusiasta, a un impegno gastronomico lo condivido appieno.

    Ma è un impegno secondo me che non può prescindere dalla cucina innovativa. Perché spesso è più tradizionale di quella tradizionale. Dovendo cioè prendere un modello per superarlo, conosce a fondo le ricette antiche.

    La mia collega perugina, non sa cos'è il rancetto, pensa che la torta al testo si faccia con l'uovo ed è convinta che la ciaramicola sia meglio della peggior tarte Tatin. E' pronta a sparare sugli additivi, ma sarei curioso di guardarle nel carrello della spesa quanti surgelati compra. Tu la porteresti a cena?

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