venerdì 4 febbraio 2011

La Velocità della Cucina Italiana

FIRENZE - Il leit-motiv del settimo e ultimo congresso Identità golose è stato tra gli altri indubbiamente la riscoperta delle frattaglie come ho cercato di sintetizzare sul Corriere nazionale di oggi dopo la tre giorni della gastronomia italiana.

Come nella settimana della moda si vedono in passerella gli stili ispirati allo spolverino della nonna o alle ghette dell'avo chic, a Identità golose c'era una cucina pensata nella dispensa dell'Italia Anni '50 e quindi carica di suggestioni localistiche.

Una cucina bella, emozionante, unica. Una cucina che piace perché è colta, è fresca, non stanca. Il civet di Bottura, il caldume (italianizzazione dell'u'quarume siciliano) di Ciccio Sultano, la "marmitta" di Davide Scabin, le animelle di Marco Stabile, tutti piatti ampiamente citati in questi giorni.

Emozionanti i punti di contatto tra le ricette, questo stile italico con la voglia di etica, di basso profilo, a voler incontrare un certo sentimento diffuso. Ma la cucina non riesce ancora ad anticipare la società come fa la moda. Il rischio di diventare provincialotti è dietro l'angolo. 

Per Identità golose 2012 comincio a pensare a una cucina che dopo l'etica scopra l'impegno. Nella quale il massimo piacere diventi un piacere epicureo, cioè senza danno, non solo per se stessi, ma per tutti. Una cucina più vegetale (non vegetariana) sulla domanda di carne dell'Oriente e di leggerezza dell'Occidente. La patata di Scabin, più che la marmitta (la cipolla era troppo demagogica).

Un impegno dei cuochi a una responsabilità non solo per il cliente ma anche pretesa dal fornitore. Che comincia con la spesa, con una stagionalità spinta all'estremo, con la riscoperta del valore della freschezza già insita questa sì, nell'idea delle frattaglie.

2 commenti:

  1. Caro Consumazione obbligatoria, sarebbe possibile reperire copia del tuo articolo, pubblicato sul Corriere nazionale di ieri, per una non più giovane sprovveduta?! :)
    Grazie!

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