sabato 9 gennaio 2016

dalla Giorgina a Firenze


La Giorgina è a San Lorenzo dentro il mercato centrale di Firenze, vicino a Nerbone che è l'oste di trippe e lampredotto. Il suo banco è la metà meno di quegli altri e vende solo frattaglie e tagli di scarto. È qui che vengo a comprare dopo aver sentito la Giorgina su uno di quei cellulari che telefonano e basta. 

Qui si trovano le migliori animelle e i migliori rognoni freschi di vitella. Sì, vitella con la a signor Marchesi, la cucina italiana ha le sue sfumature anche linguistiche e noi toscani ci teniamo. Quelle sul cuore, più grandi, che pochi ristoratori cucinano se non come accompagnamento nella versione più morigerata del collo, tanto meno intere come fa il "Pol Pot del Ménilmontant" in un noto bistrot di Parigi. 

Comprare il quinto/quarto ti rimette in contatto col fresco della spesa al mercato, anche sulla carne. Certi tagli sono come il pesce, non li puoi mangiare di due o tre giorni. Lontani dallo scaffale della gdo dove si trova tutto-sempre, il banco della Giorgina ti riporta alla natura e ai suoi tempi. 

Al banco della Giorgina arrivano anche i fiorentini che chiedono il fegato per il gatto, gli indiani che si fanno dare i rognoni di maiale o le nigeriane che comprano il collo di vitella a 3 euro al chilo per potersi permettere la carne. Lo spaccato di una città che cambia, ma che in un certo senso ritrova benché dal basso, la sua vocazione cosmopolita ereditata col Rinascimento.

Il banco della Giorgina, chiuso su tre lati, ha il quarto aperto sulla gastronomia globale. Fa politica senza tessera, solidarietà senza vanto e soprattutto cucina senza riflettori accesi su platee vuote ma nel senso più alto di quel termine che racchiude improvvisazione, arte d'arrangiarsi, cultura e pensiero per qualcuno.




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