lunedì 3 gennaio 2011

Del maiale non si butta(va) niente


SPELLO - In queste immagini si capisce perché in certe zone del Centro Italia si usa dire "spaccare" il maiale. Poi Antonio, figlio di macellai, mostra come si avvia la macellazione e spiega quali sono i tagli di carne prima ancora della frollatura.

A cominciare dalle frattaglie, sode e vive nei colori, che mostrano la salubrità del suino e che poi saranno portate dal veterinario per il controllo. Una volta ottenuto il via libera e finita la frollatura di circa 48 ore inizierà la selezione vera e propria.

In Umbria come noto chiamano Coppa quella che in Toscana è la soprassata, fanno generose salagioni del prosciutto (meno comunque di quanto si pensi assaggiando prodotti industriali) lo bagnano col vino bianco "d'uva francese", trebbiano e grechetto al posto del fortana emiliano di Soldatiana memoria e prediligono stagionature medio corte.


Di tradizione i mazzafegati (le salsicce di fegato) e il sanguinaccio qui in versione dolce, con cioccolato e spezie. Ma per la prima volta sfatiamo il luogo comune che del maiale non si butta via niente. Infatti, il sangue, ormai anche nelle piccole fattorie non sempre viene conservato.

Il budello ormai si compra: costa poco ed è molto più comodo che lavare quello del capo appena aperto con sale e aceto fino a renderlo pulito e profumato. Infine anche il rognone, salvo esemplari giovani, ormai è insolito che venga conservato insieme alle altre frattaglie.

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